IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  che  promuove  giudizio  di
 legittimita' costituzionale.
   Procedimento penale contro Mayrhofer Maria Anna, nata a  Bressanone
 il  29  marzo  1947,  res. a Villandro, fraz. S. Maurizio 73, libera,
 assente. Difesa dall'avv. Lutz di Bressanone.
   Imputata del reato  di  cui  all'art.  41  decreto  legislativo  n.
 504/1995  per  aver  fabbricato  illegalmente  otto litri di grappa e
 quindi un prodotto alcolico. Accertato in  Villandro  il  4  novembre
 1996.
   Letti gli atti, osserva quanto segue.
   La  Guardia  di  finanza  ha  trovato  presso l'imputata, contadina
 dell'Alto Adige, un alambicco rudimentale di rame della capacita'  di
 circa 20 litri e un bidone contenente circa otto litri di un liquido,
 verosimilmente grappa.
   L'imputata   e'   stata  quindi  denunziata  e  citata  all'udienza
 preliminare avanti a questo giudice per le indagini preliminari  ove,
 prima   di   avanzare  richiesta  di  patteggiamento  o  di  giudizio
 abbreviato, ha sollevato questione di incostituzionalita' delle norme
 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504,  che  ha  introdotto
 nuove norme sulle accise concernenti l'alcole e le bevande alcoliche,
 comminando pene di notevole entita'.
   L'eccezione e' rilevante ai fini della decisione poiche' l'imputata
 non  contesta  il fatto e quindi, volendo accedere al patteggiamento,
 puo' legittimamente richiedere  un  accertamento  della  legittimita'
 della norma incriminatrice.
   Ritiene  questo giudice per le indagini preliminari che l'eccezione
 non sia manifestamente infondata.
   Le nuove disposizioni di legge,  cosi'  regolano  la  materia  agli
 artt. 27 e seguenti:
     sono sottoposte ad accisa tutti i prodotti alcolici, con una tale
 severita'  che  persino  il privato cittadino che compera un litro di
 alcol o di grappa  per  prepararsi  un  liquore  casalingo,  dovrebbe
 essere  in grado di dimostrare di aver assolto l'imposta (vale a dire
 che deve conservare la bottiglia con la fascetta dell'imposta|);
     ogni distillazione di alcol deve avvenire sotto  controllo  della
 Guardia di finanza a cui vanno denunziati gli alambicchi;
     ogni produzione o vendita o cessione di alambicco va denunziata;
     chi  distilla  senza  osservare  le prescrizioni e' punito con la
 reclusione da sei mesi a tre anni  e  con  la  multa  dal  doppio  al
 decuplo  dell'imposta  evasa,  non  inferiore  in ogni caso a lire 15
 milioni.
   Nel comminare queste pene il legislatore non pare aver tenuto conto
 della realta' sociale del fenomeno, delle concrete modeste dimensioni
 nei singoli casi, della  inferiorita'  economica  delle  persone  che
 distillano (in genere modesti agricoltori), delle tradizioni agricole
 e  domestiche  di  alcune  zone d'Italia, della mancanza di disvalore
 sociale della condotta.
   E' noto infatti che la grappa od altri distillati di frutta vengono
 prodotti dai contadini, anche in modesti quantitativi, per uso  della
 propria  famiglia  e  degli amici, con impiego di notevole lavoro; si
 consideri che da un quintale di vinacce possono ricavarsi  poco  piu'
 di  5  litri  di  grappa.  Se  si  tiene  conto  che  la durata della
 vendemmiae' ridotta e che le vinacce non possono  essere  conservate,
 si  comprende  che pur usando il massimo impegno, con un alambicco di
 modeste dimensioni, quale quello sequestrato (e corrisponde a  quelli
 generalmente  in  uso in zone), il contadino ben poco produce piu' di
 quanto gli occorre per l'uso familiare. E' del pari evidente  che  il
 contadino  non  distilla  ne'  per  sete  di guadagno ne' per sete di
 alcol, ma, principalmente, per ottenere  un  prodotto  che  considera
 piu'  ecologico e piu' appetibile di quello commerciale, alla pari di
 ogni altro prodotto della sua terra e del suo sudore.
   In questo contesto e' comprensibile che il  contadino  non  ritenga
 proprio  possibile  assoggettarsi ai gravosi adempimenti previsti per
 la  distillazione  legale,  la  cui  onerosita'   non   puo'   essere
 commisurata  al  quantitativo  di  alcol producibile, e che scelga di
 violare disposizioni di legge che, per essere  di  natura  fiscale  e
 quindi  poco  amate,  per  essere  poco accettabili nella loro ottusa
 rigidita', per essere  non  socialmente  sentite  perche'  rivolte  a
 comprimere  tradizionali  costumi  delle  zone  alpine, finiscono per
 essere percepite come puramente vessatorie.
   Cio' posto, la pena comminata  non  puo'  che  apparire  del  tutto
 spropositata  rispetto  alla gravita' della condotta ed alla funzione
 della pena.  Nel caso di specie l'imputato ha evaso circa L.  100.000
 di  accise,  e ben poco di piu' poteva evaderne stante la limitatezza
 del suo alambicco casalingo,  ma  dovrebbe  essere  condannato,  come
 minimo, alla pena di sei mesi di reclusione e di 15 milioni di multa.
 Vale a dire alla stessa pena che verrebbe inflitta al proprietario di
 una  distilleria capace di produrre in breve tempo almeno mille litri
 ci  grappa|  La  sproporzione  non  muta  neppure  tenendo  conto  di
 possibile concessione di attenuanti o diminuenti.
   Non  pare invero accettabile che per una condotta cosi' modesta che
 non lede alcun valore sociale, ma solamente l'aurea sacra fames dello
 Stato, un condadino corra il rischio, in buona sostanza,  di  vedersi
 vuotare la stalla e di essere ridotto sul lastrico.
   Se  debbono  valere  i  principi  che questa Corte ha affermato con
 sentenza n. 341 del  1994  in  relazione  al  reato  di  oltraggio  a
 pubblico   ufficiale,   rimarcando  una  effettiva  sproporzione  fra
 sanzione  comminata  e  disvalore  del  fatto   e   quindi   un   uso
 irragionevole  della  discrezionalita'  legislativa, pare proprio che
 anche la normativa in  esame  non  debba  andare  esente  da  qualche
 censura.
   Deve  infine  considerarsi  che il legislatore non ha in alcun modo
 tenuto conto della capacita' dell'attrezzatura, forse  ignorando  che
 in   commercio   vi  sono  piccoli  apparecchi  che  servono  per  la
 distillazione dei profumi e  persino  piccoli  alambicchi  da  tavolo
 idonei  a  produrre un bicchierino di liquore, tutti accomunati sotto
 lo stesso regime riservato agli alambicchi delle  fabbriche  e  tutti
 ritenuti idonei a cagionare eguali danni alle finanze pubbliche.
   In  conclusione  ritiene  questo giudice che non sia manifestamente
 infondata la questione di legittimita' delle norme in  esame  sia  in
 relazione  all'art.  3 della Costituzione (disparita' di trattamento)
 che all'art. 27 della Costituzione (fine rieducativo della pena).